L’area del Monte Ascensione (1100 m) è un’area antica e ricca di leggende.
Quella più famosa è legata a Santa Polisia.
Polisia era la figlia del prefetto ascolano Polimio, convinto pagano. La giovane donna si converte al Cristianesimo con l’aiuto del suo precettore Emidio, il quale provvede anche a battezzarla. Polimio, infuriato per questo gesto di ribellione alla fede antica, condanna a morte Emidio tramite decapitazione. Era il 5 agosto del 309 d.C.
Polisia si reca sul posto dell’uccisione e ricompone il corpo del suo istitutore. Ci sono diverse versioni su cosa avvenne poi. La più in voga vuole che Polisia, inseguita dai soldati del padre che la braccavano per imprigionarla, fosse riuscita a fuggire addentrandosi nei fitti boschi dell’Ascensione, che allora si chiamava Monte Nero.
Quando ormai la donna sembrava spacciata, circondata dalle guardie, dal suolo si aprì una voragine che la inghiottì. Secondo la tradizione Polisia è ancora lì, proprio sull’Ascensione, a tessere un telaio in compagnia di una chioccia e di sette pulcini d’oro, protetta dalla terra che l’ha accolta, in attesa della Resurrezione.
Il profilo dell’Ascensione ha un aspetto frastagliato che suggerisce diverse figure: a seconda del punto di osservazione può ricordare la bella addormentata o il profilo di Cecco d’Ascoli, eretico e avversario di Dante Alighieri. Le vedute da est nord est e da ovest sud ovest sono perfettamente speculari.
LA FESTA DELL’ASCENSIONE
È tradizione del territorio ascolano compiere pellegrinaggi nel Monte, in occasione della Festa dell’Ascensione, festività (presente anche in molte altre zone d’Italia) correlata ad antichi riti di purificazione legati all’acqua. Oggi tale celebrazione persiste, e consiste nel fare una processione dal paese di Polesio fino alla chiesa della Madonna dell’Ascensione, situata alla sommità del monte.
MONTE NERO
Questo nome è stato il primo oronimo con cui è stato denominato il rilievo. Il termine “nero” era probabilmente riconducibile alla presenza di una ricca e folta vegetazione boschiva, costituita da lecci e castagni, che ne ricopriva il versante settentrionale, conferendo alle pareti un colore più scuro di quello delle colline che le circondano ed un «aspetto oscuro e misterioso». Un’altra interpretazione vuole che si faccia riferimento alla parola greca “nerèin”, che significa acqua, da collegare alla presenza delle sorgenti che si trovano alle falde della montagna.
MONTE POLESIO
La denominazione «Montis Polesii» o «Polexii» si rileva citata in documenti che recano date del XII e del XIII secolo. Al fine di trovare l’origine di questo oronimo vi sono varie interpretazioni che giustifichino l’attribuzione del nome Polesio a questa montagna. Potrebbe derivare dal lemma arcaico “pol”: parola che definisce un monte, oppure dal termine “polo” diffusamente impiegato nelle zone dell’Italia centrale per indicare un rilievo. Un’ulteriore interpretazione riconduce al vocabolo latino “paulus”, che vuol dire piccolo, ma che nei tempi passati individuava il cippo di legno che i proseliti di riti naturalistici fissavano sulla cima delle montagne. Bartolomeo Palucci, storico e religioso ascolano, individua l’origine del nome Polesio (Pëliesce) nella deformazione fonetica del lemma greco “pelex” che significa cresta frastagliata, descrizione che corrisponderebbe alla morfologia del rilievo che conta circa 10 punte. Giuseppe Speranza attribuisce l’origine del nome Polesio a quello della divinità umbra Esu, ricavando l’oronimo dalle parole “Pol” ed “Esu” ossia: il “monte di Esu”, riferibile alla circostanza del popolo degli Umbri che pose assedio alla città di Ascoli e si stabilì con le sue basi logistiche presso le alture della montagna. Una leggenda vuole che il nome sia legato a quello di santa Polisia, figura leggendaria collocata nel III-IV secolo della storia ascolana. Si ritiene che la giovane donna fosse la figlia di Polimio, prefetto di Ascoli ai tempi di Diocleziano, convertita al cristianesimo e battezzata dal vescovo Emidio. Il padre, sdegnato per la conversione, la fece inseguire dai pretoriani per catturarla, ma la ragazza, riparando sulla montagna, fu miracolosamente inghiottita da una voragine che si aprì improvvisa. L’autore Quinto da Quintodecimo ritiene che fu allora che i cristiani cambiarono il nome monte Nero (Mons Nigris) in “monte Polisio” in onore della figlia del governatore.
Da questa credenza è nata la consuetudine da parte dei pellegrini di portare un sasso, prelevato tra i ciottoli e la ghiaia del torrente Chiaro, e lasciarlo come omaggio alla santa sulla fenditura che l’avrebbe nascosta. In tempi passati era sovente vedere mucchi di pietre lungo il crepaccio. Si tramanda che Polisia non sia mai morta, ma che sia viva ancora oggi all’interno dell’Ascensione, in compagnia di una chioccia con i pulcini in oro, intenta a tessere ad un telaio, anch’esso d’oro. Sempre secondo la leggenda si ricorda che il rumore che si ascolta sporgendosi dalle rupi o poggiando l’orecchio sulle rocce della sommità del monte corrisponde a quello della navetta del pigolio dei pulcini e del telaio di santa Polisia, intenta a lavorare il tessuto per il suo «abito di nozze con il Divino Sposo». Un’ulteriore ipotesi, probabilmente quella più vicina alla realtà, collega il nome del monte alla figura di Cintio Polesio, uomo ascolano, che nel IX secolo elevò un castello alla base della rupe della montagna. È plausibile ipotizzare che il rilievo si chiamasse «Monte del Castello di Polesio».
MONTE DELL’ASCENSIONE
La montagna ha preso questa denominazione dall’oratorio, dedicato all’Ascensione di Gesù in cielo e all’Assunzione in cielo di Maria, che il predicatore laico Meco del Sacco edificò sulla sommità del rilievo nel periodo medioevale. Alcuni autori ascolani tramandano che su questo monte vi fu elevato più di un luogo consacrato destinato alla preghiera, Gabriele Nepi ne contava sei, Giuseppe Fabiani ne aveva individuati due.